Il Sacrificio si svolge davanti al Lararium, se il rito è compiuto all’interno, o in un santuario allestito provvisoriamente se la cerimonio si svolge in ambiente esterno.
Il Sacrificer, Sacerdos, “colui che compie l’atto sacro”, è il Paterfamilias. Solamente in ricorrenze particolari anche la Materfamilias esercita. Tra i partecipanti, che possono contribuire portando offerte o altri oggetti, ci possono essere degli assistenti che ricordano al sacrificante i vari passi. [ Plinius, Naturalis Historia, 28.3.10 ]. Il sacrificer dovrebbe inoltre fare un bagno prima del sacrificio [ Livius, ab Urbe Condita, 1.45 ].
PRAEFATIO
La Praefatio inizia sempre con un invocazione a Giano [ Cicero, De Natura Deorum, II.67 ], ed Iuno [ Cato, De Agricultura 134 ]. Secondo [ Ovidius, Fasti, 6.303 seq. ] anche Vesta può essere invocata in quanto patrona del focolare domestico sul quale verranno bruciate le offerte.
Il Sacerdos deve portare una toga (la pretexta è per i magistrati nel rito pubblico) e copre la testa con un lembo della toga stessa o indossa un velo bianco secondo Rito Romano.
Il Sacrificer offre dell’incenso a Giano e recita:
“Iano pater, te hoc ture ommovendo bonas preces precor, uti sies volens propitius mihi liberisque meis domo familiaeque meae.”
Si disponga l’incenso sul fuoco.
Dunque alla stessa maniera si offra dell’incenso a Giove e si reciti:
“Iuppiter, te hoc ture ommovendo bonas preces precor, uti sies volens propitius mihi liberisque meis domo familiaeque meae.”
E si dispone l’incenso sul fuoco.
Un piatto di offerta (patera) di vino rossi si offra a Giano:
"Iano pater, uti te ture ommovendo bonas preces bene precatus sum, eiusdem rei ergo macte vino inferio esto."
E si versi il vino sul fuoco.
Lo stesso sia per Giove:
"Iuppiter macte isto ture esto, macte vino inferio esto."
E il vino sia bruciato.
PRAECATIO
A questo punto si invoca il Dio o la Dea a cui il rito è dedicato, tramite una preghiera in cui si dichiara il motivo del sacrificio, le offerte che sacrificherà e cosa desidera ricevere in cambio dal rito. È consigliato, mentre si fa ciò, di tenere la mano sull’altare come descritto da vari autori [ Servius, Aeneidos Commentarius, 4.219 ].
La seguente procedura è presa da Catone [ Cato, De Agricultura, 132] dove il dio venerato nel sacrificio è Iuppiter Dapalis.
Se si tratta di un Ritus Graecus ci si leva la toga e si cinge il capo con una corona di alloro. Altrimenti, sempre secondo Rito Romano, il capo sarà sempre coperto dal velo.
E recita:
“____(nome del Dio), te hoc ture ommovendo bonas preces precor, uti sies volens propizio mihi liberisque meis domo familiaeque nostrae.”
Si offra incenso.
Il Sacrificer dopo che ha invocato il dio e si prepara all’offerta si lava prima le mani in un vaso disposto al suo fianco o portato da un assistente.
Toccando l’altare con mani pulite spiega il motivo dell’invocazione e cosa si vuole ottenere da essa:
"____( nome Dio), quod tibi fieri oportet in domo familia mea culignam vini dapi, eius rei ergo macte hac illace dape pollucenda esto."
IMMOLATIO
Questa parte si applica solo nei sacrifici di anima, cioè quando l’offerta è di una creatura vivente. Questo tipo di offerta era molto diffuso nella Roma classica, ma nel periodo arcaica ciò era completamente assente [ Ovid, Fasti, I.337 ]: “il coltello che ora squarcia le viscere del toro abbattuto, negli antichi sacrifici non veniva affatto usato”, se non del tutto vietata come ricorda la tradizione di Numa: “i sacrifici non devono essere celebrati col versamento di sangue, ma con farina, vino e offerte frugali.”
Tuttavia i sacrifici di sangue divennero frequenti soprattutto nell’ambito pubblico, anche se esercitati nella sfera privata da chi poteva permetterselo. La vittima era scelta sempre con cura e doveva avere diverse caratteristiche anche a secondo di quale divinità veniva sacrificata: vittime maschie per gli Dei e femmine per le Dee, di colore bianco per gli Dei celesti e neri per gli inferi, le rosse a Volcano e a Robigo. Le scrofe incinte a Cerere e Tellus per i riti espiatori, e i maiali nei sacrifici funebri.
Il sacrificio di anima richiede una preparazione particolare: la vittima è stata lavata e addobbata con nastri e fiori.
Secondo il Rito Romano la vittima è consacrata con la mola salsa(farina di frumento arrostita con sale originalmente fatto dalle Vestali e connesso così con il fuoco di Vesta; la mola salsa è all’origine della parola immolatio o inmolatio, ovvero coperto dalla mola), e con il vino.
Nel Rito Greco la vittima è consacrata cospargendone il capo con grani di cereali e con gocce di acqua, allora ne taglia i capelli e li brucia sul fuoco.
Dopo che la vittima è stata consacrata il Sacrificer stesso o i Victimarii compiono l’uccisione. La vittima viene portata verso l’altare ma se comincia a dare segni di panico e arresta bruscamente la sua marcia va interpretato come un Omen negativo e l’animale risparmiato: solo se la vittima è serena e consenziente, e l’adrenalina e la paura assenti dal suo corpo è cosa buona.
Gli animali più grandi, come i buoi, vengono prima storditi, mentre i più piccoli direttamente sgozzati.
Compiuta l’uccisione il corpo viene girato e il ventre aperto, e a questo punto il Sacrificer con gli esperti Aruspici consultano le interiora per capire se la vittima sia stata accettata o meno dalla Divinità. Gli organi prefissi a ciò sono principalmente il fegato che, come dicevano gli Antichi, custodisce la vita, poi polmoni e cuore. Se gli organi verificati non presentano alcuna malformazione significa che la vittima è stata accettata e si può proseguire, altrimenti bisogna ricominciare con una nuova vittima.
Le interiora sono destinate alla Divinità e offerte sul fuoco, il resto è riservato agli umani che consumeranno le carni nel banchetto (epulum) dopo il sacrificio a cui gli Dei stessi, tramite le statue, prenderanno parte. Prima dell’offerta le interiora sono cucinate: quelle dei bovini fatte bollire, quelle ovine e suine cotte sugli spiedi. Dunque coperte di sale e vino.
REDDITIO
In questa fase le offerte sono date realmente al Dio. Solitamente solo una parte delle offerte è donata mentre il resto è diviso tra i partecipanti dopo il sacrificio. Eccezione quando si tratta di Dei inferi poiché gli uomini non si possono sedere nella stessa tavola con le divinità infernali o che governano la morte.
Se il sacrificio è in onore di una divinità acquatica allora si getti nell’acqua, o nel mare o in un fiume. Se si tratta di divinità ctonie (per esempio Cerere e Tellus) l’offerta è semplicemente gettata a terra o bruciata in una fossa scavata appositamente. Per quanto riguarda gli altri, compresi gli Dei domestici, le offerte sono gettate nel fuoco del focolare. Naturalmente ci sono variazioni per quanto riguarda la specifica divinità.
L’atto del dono è confermato con le parole, che ancora una volta troviamo in Catone [ Cato, De Agricultura, 132 ].
"_____ (nome Dio), macte istace dape pollucenda esto, macte ____ (specificare l’offerta) inferio esto."
Le offerte di carne spesso sono cosparse con mola (farina salata), sale o vino prima di essere servite.
Oltre al Dio principale a cui il sacrificio è dedicato si può fare un offerta anche altre divinità che sono state invocate [ Cato, De Agricultura 134 ] come Giano e Giove che ricevono delle torte e del vino dopo che le interiore della scrofa sono state tagliate, ma prima che vengano offerte a Cerere. D’altra parte [ Cicero, De Natura Deorum, II.67 ] dice che Vesta è l’ultima divinità che riceva l’offerta durante il sacrificio poiché governa il fuoco sacrificale.
PROFANATIO
Solitamente, se il sacrificio non è stato in onore degli Dei inferi, solo una parte è donato alle divinità e il resto consumato tra gli uomini, come se gli esseri umani fossero ospiti del Dio. Per fare ciò bisogna profanare le offerte prima di consumarle, il Sacrificer per questo le tocca [ Cato, De Agricultura, 132 ].
EPULUM
Dopo che le offerte sono profanate si può iniziare a mangiarle in un conviviale banchetto durante il quale, di solito, gli invitati fanno offerte supplementari e chiedendo favori agli Dei.